Intervista a Riccardo Barbazza, Executive Creative Director di Bebit, la creative digital agency di Libera Brand Building Group e Cristian Muraro, Innovation Manager.
Intelligenza artificiale e creatività: un binomio possibile? E con quali risultati?
Secondo un report del Capgemini Research Institute, la maggioranza dei dirigenti di area marketing (62%), ritiene che l’AI generativa, per esempio, darà un forte impulso alla creatività umana, migliorandone le principali qualità.
Riccardo e Cristian, quali opportunità e sfide presenta l’intelligenza artificiale per la creatività e per il marketing
[Riccardo]: «Per quanto riguarda il lavoro dei creativi, l’AI andrebbe vista un po’ come un superpotere che amplifica le loro capacità: qualcosa che può aiutarli a sviluppare le loro idee più velocemente, contribuendo a semplificare alcuni passaggi del processo creativo. L’intelligenza artificiale in questo senso sta cambiando le possibilità e le modalità di lavoro soprattutto per quanto riguarda le tempistiche e il ruolo dei creativi che sarà sempre meno esecutivo e sempre più strategico e di visione.La vera sfida è essere in grado di rispondere a questi cambiamenti lucidamente, sapendo valorizzare i talenti con modalità e flussi di lavoro adeguati. A cambiare è anche il modo di pensare l’esperienza virtuale, che può essere sviluppata integrando la creatività umana a quella generata dall’AI, dando origine a nuove esperienze per gli utenti finali e a servizio dei brand».
[Cristian]: «Dal mio punto di vista, le nuove opportunità sono tantissime per quanto riguarda il tipo di contenuti generabili con l’ausilio dell’AI: video, immagini, presentazioni PPT, siti web, brochure digitali e non. Ma anche generare ambienti 3D e traduzioni simultanee, siti web iperdinamici (piattaforme che si aggiornano in tempo reale grazie all’AI) e gli avatar intelligenti o “meta umani”, ovvero applicativi che si possono integrare all’interno dei siti web come assistenti virtuali parlanti e che offrono la possibilità di comprendere sempre meglio le esigenze dell’utente, comunicando al contempo informazioni rilevanti su brand, prodotti e servizi grazie all’intelligenza artificiale. La sfida più grande in questo senso è, per l’intelligenza artificiale, riuscire a raggiungere un livello di completezza generale che le consenta di allargare la sua visione d’insieme, al momento sicuramente ancora molto limitata».
È quindi ancora importante affidarsi a degli specialisti umani anziché dipendere esclusivamente dalle tecnologie?
[Riccardo]: «Certamente sì. L’AI da sola non è in grado di operare e di garantire risultati soddisfacenti e l’intervento umano è sempre fondamentale per completare il lavoro. L’intelligenza artificiale sarà sempre legata all’operato umano, come le informazioni su cui si basa e da cui apprende. Inoltre, l’AI – come sottolineato anche da Cristian – ha ancora dei grossi limiti: la mancanza di visione d’insieme, di senso critico e sensibilità non le consentono (ancora) di trasmettere le sfumature che un output creativo ha la necessità di comunicare, come ad esempio il tone of voice o l’ironia».
[Cristian]: «L’AI può essere molto più accurata di un essere umano su alcune specifiche task meccaniche e ripetitive, ma è molto meno accurata quando si tratta di avere la visione globale di un progetto. Per ora, quindi, l’AI dipende ancora totalmente dall’intervento umano. Le persone riescono infatti ad integrare a qualsiasi tipo di output un tocco emozionale, creativo e personale che al momento è ancora impossibile replicare o sostituire con una macchina. Inoltre, l’AI non è ancora in grado di considerare e stimare aspetti più pratici, come ad esempio prendere decisioni strategiche di business, marketing o IT, gestire le risorse umane o comprendere il grado di sensibilità commerciale di un cliente. L’Ai si rivela dunque uno strumento molto utile a supporto dei team operativi e affamati di conoscenza, portando a un complessivo risparmio di tempo e di denaro, ma molto meno utile ai team manageriali a cui sono richieste una serie di skill prettamente umane».
Allora quale è il segreto per interagire con l’AI in modo efficace?
[Riccardo]: «L’AI in questo senso è uno strumento con cui i creativi devono innanzitutto imparare a dialogare per riuscire a generare una serie di output visivi e testuali che possano rappresentare una buona base di partenza per impostare una creatività. Bisogna non tanto sapere che cosa chiedere ma sapere come chiederlo. Per arrivare a un risultato ottimale bisogna innanzitutto chiedere le cose con un certo livello di dettaglio: dalle sfumature testuali ai dettagli e particolari visuali. Bisogna inoltre avere le idee molto chiare, perché si tratta di avere un dialogo con uno strumento che ci prende alla lettera senza la capacità di leggere tra le righe, e che – dove non specificato – fa di testa sua, spesso con risultati poco soddisfacenti. Solo tenendo a mente questi aspetti e con l’esperienza si impara a conoscere il modo in cui l’AI interpreta quello che le si chiede e a inserire prompt sempre più efficaci».
[Cristian]: «Per raccontare che cosa significhi interagire con l’AI, proviamo a fare un passo nella storia della Filosofia. Nel “Menone” di Platone viene raccontato l’incontro tra Socrate e uno schiavo privo di cultura; Socrate vuole dimostrare che la conoscenza è un qualcosa a cui tutti possono ambire e pone allo schiavo una serie di domande mirate per portarlo a dimostrare il teorema di Pitagora. Naturalmente Socrate riesce a centrare l’obiettivo e dimostra che lo schiavo è giunto a questa conclusione da solo, poiché il suo aiuto è servito al solo fine di ricordare una conoscenza già esistente nell’anima dello schiavo. Interagire con l’AI è, concettualmente parlando, una rivisitazione in chiave moderna della Maieutica platonica. Infatti, quando elaboriamo un prompt per l’AI è importante che abbiamo ben chiaro l’obiettivo e, come prima cosa, che ci poniamo delle domande che attestino o smentiscano la consistenza della nostra richiesta. Così come Socrate guidava lo schiavo attraverso una serie di domande mirate per rivelare la conoscenza preesistente, l’interazione con l’AI richiede un processo simile. Quando formuliamo una richiesta o un prompt per l’AI, stiamo essenzialmente impegnando una sorta di dialogo, ponendoci domande atte a verificare la coerenza e la completezza della nostra richiesta. Questo parallelo implica una responsabilità simile a quella di Socrate nel porre domande chiave per estrarre la verità dall’AI, evidenziando come l’elaborazione di un input accurato e ben strutturato sia cruciale per ottenere una risposta soddisfacente».
Libera Brand Building Group da sempre si è interessata alle nuove tecnologie. Cristian, da Technology Manager del gruppo, ci spieghi perché è importante non farsi spaventare dalla tecnologia e non restare indietro rispetto alle novità che il mercato offre?
[Cristian]: «È cruciale per le aziende, inclusa Libera Brand Building Group, abbracciare le nuove tecnologie senza timore e restare aggiornate rispetto alle ultime innovazioni presenti sul mercato. La rapidissima evoluzione dell’Intelligenza Artificiale ha avviato un processo di automazione pervasivo, specialmente nel campo della comunicazione digitale. Questa trasformazione sta diventando un elemento centrale per qualsiasi tipo di organizzazione, anche per quelle con una lunga tradizione. In Bebit, la digital company di Libera Brand Building Group specializzata nello sviluppo di progetti di comunicazione e pubblicità digital a forte impatto strategico e creativo, io mi occupo proprio di scoprire e ricercare nuove tecnologie, creando momenti di formazione interna ed esterna per tutto quello che riguarda sia lo sviluppo di ambienti 3D che le funzionalità dell’AI. Insieme al team creativo ci occupiamo di dare vita a nuove esperienze di brand sempre più interattive e personalizzabili. Per i brand è fondamentale farsi accompagnare nell’esplorazione delle nuove tecnologie per rimanere rilevanti nel tempo e posizionarsi come pionieri e innovatori sul mercato, coinvolgendo il proprio target in modi sempre diversi».